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In Yemen le cifre dell'orrore: 3 milioni di rifugiati e 15 mila morti

  • GlobalFriends
  • 19 dic 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Nel paese la situazione, dal giorno della morte dell’ex presidente yemenita, Ali Abdullah Saleh, in cui è rimasto ucciso da un colpo partito probabilmente da un cecchino che aveva individuato il suo convoglio in fuga da Sana’a, non appare essere cambiata di molto: lo stallo è l’elemento che più caratterizza questo conflitto tanto violento quanto, specie nei confronti della popolazione civile, disumano; i filo sauditi sono passati all’attacco, approfittando del riposizionamento di alcuni gruppi vicini all’ex presidente defunto ma, di fatto, i combattenti sciiti degli Houti non hanno perso molto terreno e hanno fatto quadrato soprattutto attorno la capitale.

Con la morte di Saleh sembra essere fallito anche l’ultimo tentativo della coalizione guidata dall’Arabia Saudita di mettere fine a un conflitto che si è rivelato costoso e inconcludente, e che ha attirato sul governo saudita critiche sempre più forti da parte della comunità internazionale, a causa dell’enorme crisi umanitaria che ha prodotto. La rapida fine di Saleh sembra confermare invece che il conflitto è ancora molto lontano dall’essere concluso.

Il conflitto ufficialmente è iniziato tra il 25 e il 26 marzo del 2015. Da quella notte gli aerei dell’Arabia Saudita, sostenuti da una coalizione di altri otto Paesi arabi, bombardano senza sosta le postazioni dei ribelli sciiti houthi, arroccati nel sud del Paese. Come denuncia da tempo Amnesty International, i raid colpiscono in modo indiscriminato la popolazione. La vita oggi in Yemen è impossibile: acqua corrente ed elettricità scarseggiano, il cibo non si trova, il prezzo della farina è quadruplicato.

La più grave epidemia di colera degli ultimi decenni, provocata dai bombardamenti degli impianti di depurazione dell’acqua, ha fatto 2.000 morti, in gran parte bambini. Le vittime complessive sono oltre diecimila, più di due milioni gli sfollati, mentre secondo le stime dell’Onu i due terzi della popolazione (28 milioni) necessitano di aiuto umanitario. I sauditi hanno colpito scuole, mercati, moschee e ospedali mentre il blocco dei rifornimenti ad una popolazione agonizzante desta il sospetto, scrive l’Economist, che «si usi il cibo come strumento bellico». Gli appelli, come quello lanciato da 350 personalità mondiali tra cui sei premi Nobel, non servono a molto quando dietro a una guerra ci sono le firme del principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, a cui Donald Trump ha dato «carta bianca», e quelle degli ayatollah di Teheran. Le catastrofi sono spesso causate dagli uomini.

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