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Indice globale fame: è allarme in 51 Paesi del mondo

  • GlobalFriends
  • 12 ott 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

Dal rapporto dell'ong Cesvi presentato a Milano emerge come in 51 Paesi del mondo i livelli di fame e malnutrizione siano molto preoccupanti: circa 124 milioni di persone soffrono di fame acuta, mentre 151 milioni di bambini sono affetti da arresto della crescita e 51 milioni da deperimento.

La fame nel mondo quindi cresce colpendo circa l'11% della popolazione soprattutto nelle zone dell'Asia meridionale e l'Africa a Sud del Sahara.

L'indice globale fame 2018 - Secondo il GHI 2018, dei 79 Paesi che presentano un livello di fame allarmante, solo 29 raggiungeranno l'obiettivo "Fame Zero" fissato dalle Nazioni Unite entro il 2030. In Africa a Sud del Sahara, si registra un tasso di denutrizione del 22% sul quale incidono condizioni climatiche avverse, instabilità politica e conflitti prolungati. Tra i Paesi dove la denutrizione è più presente ci sono Zimbabwe (46,6%) e Somalia (50,6%). Sempre nell'Africa subsahariana si trovano i Paesi con il più alto tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni, a cominciare da Somalia (13,3%), Ciad (12,7%) e Repubblica Centrafricana (12,4%), in quest'ultimo Paese il livello di fame è definito "estremamente allarmante". Tutte regioni dai cui partono migliaia di migranti che scelgono come destinazione l'Europa in cerca di una vita migliore.

Buone notizie - All'interno di un quadro complessivamente preoccupante, il GHI 2018 evidenzia comunque che la fame e la malnutrizione sono diminuite dal 2000, a indicare un miglioramento concreto nella vita di milioni di donne, uomini e bambini. Alcuni Paesi, tra cui Angola, Etiopia e Ruanda, che nel 2000 avevano fatto registrare livelli di fame estremamente allarmanti, vedono oggi una riduzione dei loro punteggi di almeno il 50%. Inoltre, 27 Paesi in Asia meridionale e Africa subsahariana sono riusciti a raggiungere un livello di fame moderato: tra questi, si segnalano Gabon, Ghana, Mauritius, Senegal, Sudafrica e Sri Lanka. Anche Bangladesh ed Etiopia, nonostante livelli ancora gravi, hanno fatto registrare nel tempo un declino di povertà e malnutrizione.

Il mondo ha compiuto progressi sostanziali nella lotta alla fame, ma a una velocità ancora non sufficiente per raggiungere l'obiettivo Fame Zero entro il 2030; è necessaria l'azione congiunta di vari attori, quali la comunità internazionale, i governi nazionali e la società civile, per affrontare le crisi alimentari nelle aree del mondo dove la situazione è ancora allarmante. Ma rispondere all'emergenza non basta: occorre aumentare gli investimenti e promuovere programmi di sviluppo a lungo termine nelle regioni più critiche. La fame è un pericolo persistente che minaccia la vita di milioni di persone, molte delle quali vivono il dramma degli sfollamenti forzati.

Fame e migrazione sono strettamente correlate- ll rapporto presentato da Cesvi sottolinea come la fame è spesso sia causa che conseguenza dello sfollamento: sono 68,5 milioni le persone in tutto il mondo costrette ad abbandonare la propria casa, tra cui 40 milioni di sfollati interni, 25,4 milioni di rifugiati e 3,1 milioni di richiedenti asilo.

Combattere il problema - Il GHI 2018 definisce alcune linee guida per affrontare gli effetti del nesso fame - migrazione forzata: sostenere politiche tese a evitare i conflitti e a costruire la pace a tutti i livelli; rispondere all'emergenza con azioni umanitarie a lungo termine di contrasto all'insicurezza alimentare, promuovendo anche lo sviluppo delle comunità locali in quanto la maggior parte dei flussi migratori si protrae per anni; assistere le persone costrette a migrare.

"Occorre puntare sulla resilienza delle comunità locali attraverso interventi mirati. Cesvi porta avanti questo impegno da oltre trent'anni: siamo attivi in oltre 20 Paesi e nei contesti più critici, dove la fame mette a rischio la vita di milioni di persone, come in Somalia, Paese flagellato da una delle peggiori carestie degli ultimi decenni.

Il GHI 2018 mostra che la lotta alla fame globale è un impegno comune e una sfida sempre più complessa urgente e complessa", conclude Bernacchi.


 
 
 

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